Quella di fare il pane è una tradizione millenaria anche in Basilicata, tramandata nei secoli, che ha reso questo prodotto lucano uno dei migliori d’Italia.
In molti scavi archeologici già nel IV/VI secolo a.C. sono stati rinvenuti degli ambienti in cui era presente il forno per la cottura del pane, che anticamente veniva preparato con farina mista
di orzo, legumi, segale. Nella cucina lucana il pane era un alimento privilegiato, in una regione in cui molti centri erano difficilmente raggiungibili e con pochi collegamenti per il rifornimento dei viveri; per questo motivo si preparavano le “panelle” di 3 o 5 kg che duravano una settimana che, come da tradizione casereccia, erano fatte con farina di frumento setacciata con crivello a mano,lievito o “crescente”. Per le famiglie meno abbienti, il pane veniva preparato con farine scure di scarsa qualità o “fariniedd”, sulla scia delle tradizioni del regno di Napoli, dove nel secolo scorso i poveri mangiavano il “pane cafone”.
Il pane in Basilicata veniva cotto nei forni annessi alle abitazioni, e se col passare dei giorni diventava duro( pane “nghiummoso”) si consumava “ spunzato”, cioè ammorbidito con acqua, olio,
pitrisino(prezzemolo), aglio e cirasedda( peperoncino), a volte con aggiunta di sugna piccante. Per chi non aveva il forno, si concordavano i turni con il fornaio del paese; le donne iniziavano la
panificazione quando era ancora buio e dopo aver impastato, mettevano a lievitare l’impasto sotto la coperta di lana del letto matrimoniale.
A ciascuna “panella”, oltre al segno della croce, venivano impresse dei simboli stilizzati o le iniziali
del capofamiglia, un marchio che simboleggiava l’identità del nucleo familiare.
CURIOSITÀ:
In alcuni paesi lucani il marchio del pane veniva dato dall’uomo come pegno d’amore alla ragazza
prescelta durante la fase di corteggiamento.