Tra gli elementi culturali che influenzano il mangiare, sicuramente un posto di rilievo lo occupa la religione; addirittura nella Bibbia si fa riferimento al cibo, e nella Genesi tutto
inizia con la nota storia della mela. Questo perché il mangiare è talmente importante nella vita degli uomini, che ha sempre
avuto un ruolo fondamentale in tutte le religioni. Nel Nuovo Testamento ad esempio, ci sono molti momenti che legano Gesù al cibo: le nozze di Cana, quando Gesù trasforma l’acqua in vino, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la cena di Emmaus, ecc.
Nell’ ultima cena poi, durante la celebrazione della Pasqua ebraica, Gesù e gli apostoli mangiano agnello arrostito, pane azzimo, le erbe amare e bevono vino rosso.
Anche nel Medioevo l’atto del mangiare era impregnato di significati religiosi: i cristiani bevevano facendo cinque sorsi, uno per ogni piaga di Gesù. E sempre dal Medioevo la
passione per il cibo ha rappresentato uno dei sette vizi capitali, perché considerato una occasione di cedimento e di piacere; infatti il digiuno era per i monaci una regola per
rinforzare le virtù e redimersi. Nel buddismo viene raccomandata l’astinenza dalle carni per rispetto della vita degli animali. Nella religione cristiana, a differenza di quella islamica, non ci sono regole o tabù alimentari se non quella della moderazione; fa eccezione la regola del divieto di consumare carne nel venerdì santo, e l’obbligo di digiuno in alcune circostanze, come
il mercoledì delle ceneri. Il cibo quindi è sempre stato considerato in tutte le religioni un dono di Dio o degli dei; alimentarsi è sempre stato un atto sacro, di ringraziamento all’entità superiore che
donava tutto il cibo necessario alla sopravvivenza.